Eccoci
arrivati alla terza e ultima parte della nostra intervista ad Andrea Loberto,
allenatore italiano dell’Haugesund. Concludiamo la chiacchierata con alcune
domande più personali sul mister, sulla sua carriera e soprattutto sulla sua
vita in Norvegia. Chi si fosse perso le altri parti dell’intervista, qua potrà trovare la prima e qua la seconda.
Andrea Loberto (sulla sinistra) a Haugesund lo scorso aprile durante un incontro con i rappresentanti degli sponsor della squadra (foto da hnytt.no) |
Lei
è italiano ma in Italia non si sa molto di lei: sappiamo che, prima di arrivare
a Haugesund, ha lavorato nello staff tecnico di Vålerenga e Rosenborg, e poco
altro. Ci può raccontare meglio la sua storia?
Sono arrivato in Norvegia dall’Inghilterra,
dove mi sono trasferito con i miei genitori – mio padre è sardo, mia madre è
inglese – nel 1987, quando avevo tredici anni (sono nato nel 1974 a Milano).
Dal Leeds United, dove lavoravo nel settore giovanile, sono venuto al
Vålerenga: anche lì ho iniziato nel settore giovanile, poi sono salito nel club
fino a diventare assistente dell’allenatore Martin Andresen nell’anno in cui,
il 2010, la squadra è arrivata al secondo posto. Da lì sono andato al
Rosenborg, dove sono rimasto due anni ricoprendo due ruoli: direttore tecnico
dell’accademia giovanile e analista video per la prima squadra a fianco di Kåre
Ingebrigtsen, ancora oggi manager della squadra. Poi, all’inizio di quest’anno,
sono arrivato a Haugesund: qua ho iniziato il mio lavoro il 5 gennaio.
E
lo scorso anno ha vissuto un’“esperienza italiana”, visto che in Europa League
il Rosenborg ha giocato contro la Lazio: le ha fatto piacere tornare in Italia
per affrontare una squadra del suo paese?
Senz’altro, è stata un’esperienza
bellissima. Siamo stati due-tre giorni a Roma e tutto quel che abbiamo fatto lì
– dall’allenamento all’Olimpico alla conferenza stampa fino alla partita in sé
– è stato fantastico. Abbiamo perso 3-1 ma con un po’ di fortuna avremmo potuto
fare anche 3-3, visto che abbiamo avuto alcune occasioni tra cui un rigore
sbagliato! Ma la cosa più bella è stata tornare in Italia nello staff tecnico
del Rosenborg, e da lì è cresciuta la curiosità di tornare in Italia come
allenatore.
Quindi
potrebbe avere l’obiettivo di tornare in Italia?
Sì, certo! Io ho ambizioni come
allenatore: adesso mi trovo a giocare la Tippeligaen e mi trovo davvero bene, però
se riuscissi a lavorare, in Scandinavia ma anche in Inghilterra o in Italia,
sarebbe senz’altro un’esperienza bellissima.
Molti
dei nostri lettori ci chiedono notizie sulla vita in Norvegia e consigli su
cosa fare per trasferirsi lassù. Chi più di lei, un italiano che vive in
Norvegia, può essere qualificato a rispondere a queste domande!
La Norvegia è un paese meraviglioso,
ci sono le montagne, ci sono i fiordi, perfino il clima non è tremendo come si
può pensare. La vita qua è bellissima, è un paese dove può vivere bene sia una
persona che si trasferisce da sola che un’intera famiglia. Certo, è costoso, ma
i norvegesi vivono bene lo stesso. A livello linguistico, tutti capiscono e
parlano l’inglese, quindi non ci sono problemi per comunicare. Per quella che è
la mia esperienza, posso però dire che se non parli l’inglese è quasi meglio,
perché impari il norvegese più velocemente! Quando all’inizio sono arrivato
qua, siccome parlavo inglese, tutti mi parlavano inglese e per due anni non ho
fatto grandi progressi col norvegese; poi ho deciso di impararlo per bene, ho
chiesto agli altri di non parlare più in inglese con me, e ho iniziato a
prenderci più confidenza!
E
per un italiano com’è l’ambientamento lassù? Mi spiego meglio: il suo amore per
la Norvegia, che traspare così evidentemente dalle sue parole, è stato tale fin
dall’inizio, o il primo impatto è stato più duro? Avrebbe qualche consiglio da
dare a un giovane che intendesse trasferirsi in quel paese?
Molti italiani adesso vengono in
Norvegia a studiare, soprattutto all’Università di Trondheim! Per me un’esperienza
così è molto bella, non solo per il lavoro ma anche come persona: impari una
lingua diversa, conosci una cultura diversa. Quindi io lo raccomanderei
assolutamente, anche se – è chiaro – all’inizio è un po’ difficile: le persone
scandinave sono forse un po’ più chiuse di noi italiani, più aperti e alla
mano. Tuttavia dopo un po’ non c’è problema a inserirsi: bisogna un po’
abituarsi alla cultura, buttarcisi dentro,
e poi tutto va bene. E in effetti qua ci sono molti italiani: se vai a Oslo, ne
trovi tantissimi! E questo rende ancora più facile per un italiano la vita qua!
E
a Haugesund, o comunque in una realtà un po’ più piccola rispetto alla capitale
Oslo, cambia qualcosa?
Cambia che qua il cappuccino non lo
trovi, ah ah! E forse non trovi nemmeno una pizza decente! Però quando vai in
questi posti più piccoli gli abitanti del luogo ne sono fieri, vogliono fartelo
vedere, vogliono fartelo conoscere, ti prendono
dentro. Questo è bello: vogliono che chi viene da fuori stia bene nella loro città!
Ha
un piatto norvegese preferito?
Ah, che domanda...! In realtà non ho
un piatto norvegese preferito, però devo dire che qua, quando fanno il pesce fatto bene, è davvero buonissimo!
E
cosa le manca di più dell’Italia?
Mmh, solo una? Diciamo il mangiare. Ma
con il mangiare non intendo dire solo il cibo che mangi, voglio dire anche la
“cultura” dell’andare fuori a mangiare. Qua è un po’ diverso, qua le persone
escono magari durante il weekend ma non durante la settimana, e non è come da
noi che siamo abituati a uscire, prenderci una bella pizza, fare un giretto,
berci un espresso...
La
ringrazio molto per la disponibilità nei confronti del nostro blog e le auguro
il meglio possibile per il prosieguo della stagione e della sua carriera!
Grazie mister!
Fine
terza e ultima parte
Scena di vita quotidiana in Norvegia, per la precisione a Tromsø (foto Francesco Naldi) |
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