Continuiamo
la nostra chiacchierata con Andrea Loberto, allenatore italiano dell’Haugesund.
In questa seconda sessione, parleremo soprattutto di calcio norvegese in
generale. Chi si fosse perso la prima parte, dedicata alla stagione dell’Haugesund, può leggerla cliccando qua.
Andrea Loberto (sulla sinistra) ritratto insieme a Mark Dempsey a fine 2015 quando venne ufficializzato il loro incarico all’Haugesund per la stagione 2016 (foto www.fkn.no) |
Parlando
più in generale del calcio norvegese, il percorso nelle coppe europee quest’anno
è stato una mezza débâcle nonostante le avversarie incontrate dalle norvegesi
non fossero certo dei top club. Secondo lei sarà possibile rivedere in futuro
una favola come quella del Rosenborg degli “anni d’oro” – ma ci accontenteremmo
anche di una buona prestazione come quella del Molde lo scorso anno in Europa
League – oppure ormai il livello generale in Europa è tanto salito che le
squadre norvegesi non ce la fanno più a essere competitive su questi
palcoscenici?
L’anno scorso sia il Rosenborg che il
Molde hanno partecipato ai gironi di Europa League, e il Molde si è pure qualificato
al turno successivo: penso che al momento il Rosenborg sia il club norvegese
con le caratteristiche più idonee per giocare in Europa per più stagioni
consecutivamente, ha esperienza europea e ha l’ambizione a partecipare a questi
tornei ogni anno. Talvolta i club norvegesi si accontentano di fare bene nel
proprio campionato e non ambiscono a fare risultati in Europa: oltretutto a non
aiutare il movimento c’è il fatto che ogni estate, proprio quando iniziano le
competizioni Uefa, molti club devono vendere i propri giocatori. Invece il
Rosenborg, oltre all’ambizione di far bene in Europa, ha di solito abbastanza
soldi per tenersi i giocatori migliori.
E,
a parte il Rosenborg, il calcio norvegese secondo lei è in un momento di
progresso o regressione? Voglio dire: riusciremo in un futuro a salire il
ranking e portare più squadre in Europa oppure resterà solo il Rosenborg a fare
bene a quei livelli?
Il livello del calcio norvegese è
salito, tant’è che molti giocatori vanno all’estero a giocare in campionati più
competitivi. Quest’estate per esempio i trasferimenti di Mohamed Elyounoussi
dal Molde al Basilea, di Fred Friday dal Lillestrøm all’AZ Alkmaar, ma anche del
terzino sinistro della nazionale norvegese, Haitam Aleesami, dall’IFK Göteborg
al Palermo, dimostrano che il movimento si sta elevando, soprattutto a livello
giovanile, con la varie rappresentative juniores nazionali, ma anche a livello
di Tippeligaen.
Spesso
quando in Norvegia c’è un giocatore forte ci chiediamo – e ci chiedono i nostri
lettori – se quel giocatore potrebbe fare bene anche in Italia. Ora con l’arrivo
al Palermo di Aleesami, che lei ha appena citato, avremo modo di vedere all’opera
un norvegese in serie A: secondo lei farà bene o – considerato qualche lapsus
difensivo di troppo già in Svezia – farà fatica ad ambientarsi e imporsi?
Aleesami è un giocatore molto forte
atleticamente, un terzino sinistro dallo spunto molto offensivo che fa su e giù
per il campo per novanta minuti, ma anche di mentalità è tosto. Il calcio
italiano però, anche se è chiaro che fisicamente devi essere forte, è più tattico:
lì devi essere sempre concentrato al 100%! Ti ricordi il gol dell’Italia contro
la Norvegia nelle ultime qualificazioni europee? Ecco, Aleesami era sul secondo
palo quando è arrivato il cross, lui si è “spento” per un minuto e l’Italia ha
fatto gol. Sono proprio queste le cose che lui deve imparare a migliorare.
Tuttavia di mentalità è forte, e pronto per le pressioni anche del calcio
italiano. Lui, che è nato calcisticamente al Fredrikstad (serie B norvegese)
prima di approdare al Göteborg dove ha fatto molto bene, è arrivato al
professionismo più tardi del solito, non era uno di quelli che a
sedici-diciassette anni sono i più bravi della loro categoria e quindi ha
dovuto lavorare molto per arrivare dove è arrivato. Sarà interessante vedere
come se la caverà. Al Palermo c’è anche Giancarlo González, che io avevo al
Vålerenga, dove era arrivato dal Costa Rica: pure lui è caratterizzato da una
forte mentalità, un difensore duro e concentratissimo – e i giocatori come lui
fanno bene in Italia, possono gestire la tanta pressione che nella cultura
italiana genera il calcio.
A
proposito di pressione, quanta ce n’è nel calcio norvegese? Lei che lavora in
Tippeligaen ma conosce bene anche altre realtà può dirci se in Norvegia è più
facile allenare che altrove – penso proprio all’Italia dove spesso si è
criticati selvaggiamente dopo due sole sconfitte.
Dipende in quale club sei! Se sei al
Rosenborg, la pressione è enorme: guarda che lì puoi anche vincere il
campionato ma, se lo vinci senza praticare un certo tipo di gioco, ti
licenziano! Ma pure a Molde c’è pressione, e ugualmente al Vålerenga, che è la
squadra di Oslo, e a Oslo si aspettano che la squadra sia lì a combattere per
il campionato o almeno per il podio, per quanto negli ultimi anni abbia avuto
molti problemi, anche a livello finanziario (ma ora le cose stanno cambiando, l’allenatore
ingaggiato per il prossim’anno è una prima scelta come Ronny Deila, e sono
sicuro che già in questo girone di ritorno la squadra farà bene). Il calcio
professionistico norvegese è ancora giovane, non c’è da settant’anni come nei
campionati più importanti d’Europa, quindi sta crescendo ogni anno, molti club
lavorano bene col settore giovanile e stanno diventando di anno in anno sempre
più professionali, ci sono giocatori giovani che vanno all’estero, guarda Martin
Ødegaard al Real Madrid oppure Kristoffer Ajer che è andato adesso al Celtic:
questo è un bene ma, è chiaro, dopo un po’ porta più pressione. Chiaramente non
c’è la pressione se perdi due o tre partite però, come in ogni campionato, se
ne perdi di più ti licenziano! Però in Italia comunque è peggio...
Un’immagine dell’Haugesund Stadion (foto en.wikipedia.org) |
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