sabato 13 agosto 2016

A quattr’occhi con Andrea Loberto, allenatore italiano in Tippeligaen, 2° parte: parliamo di calcio norvegese



Continuiamo la nostra chiacchierata con Andrea Loberto, allenatore italiano dell’Haugesund. In questa seconda sessione, parleremo soprattutto di calcio norvegese in generale. Chi si fosse perso la prima parte, dedicata alla stagione dell’Haugesund, può leggerla cliccando qua.

Andrea Loberto (sulla sinistra) ritratto insieme a Mark Dempsey a fine 2015 quando venne ufficializzato il loro incarico all’Haugesund per la stagione 2016 (foto www.fkn.no)



Parlando più in generale del calcio norvegese, il percorso nelle coppe europee quest’anno è stato una mezza débâcle nonostante le avversarie incontrate dalle norvegesi non fossero certo dei top club. Secondo lei sarà possibile rivedere in futuro una favola come quella del Rosenborg degli “anni d’oro” – ma ci accontenteremmo anche di una buona prestazione come quella del Molde lo scorso anno in Europa League – oppure ormai il livello generale in Europa è tanto salito che le squadre norvegesi non ce la fanno più a essere competitive su questi palcoscenici?

L’anno scorso sia il Rosenborg che il Molde hanno partecipato ai gironi di Europa League, e il Molde si è pure qualificato al turno successivo: penso che al momento il Rosenborg sia il club norvegese con le caratteristiche più idonee per giocare in Europa per più stagioni consecutivamente, ha esperienza europea e ha l’ambizione a partecipare a questi tornei ogni anno. Talvolta i club norvegesi si accontentano di fare bene nel proprio campionato e non ambiscono a fare risultati in Europa: oltretutto a non aiutare il movimento c’è il fatto che ogni estate, proprio quando iniziano le competizioni Uefa, molti club devono vendere i propri giocatori. Invece il Rosenborg, oltre all’ambizione di far bene in Europa, ha di solito abbastanza soldi per tenersi i giocatori migliori.

E, a parte il Rosenborg, il calcio norvegese secondo lei è in un momento di progresso o regressione? Voglio dire: riusciremo in un futuro a salire il ranking e portare più squadre in Europa oppure resterà solo il Rosenborg a fare bene a quei livelli?

Il livello del calcio norvegese è salito, tant’è che molti giocatori vanno all’estero a giocare in campionati più competitivi. Quest’estate per esempio i trasferimenti di Mohamed Elyounoussi dal Molde al Basilea, di Fred Friday dal Lillestrøm all’AZ Alkmaar, ma anche del terzino sinistro della nazionale norvegese, Haitam Aleesami, dall’IFK Göteborg al Palermo, dimostrano che il movimento si sta elevando, soprattutto a livello giovanile, con la varie rappresentative juniores nazionali, ma anche a livello di Tippeligaen.

Spesso quando in Norvegia c’è un giocatore forte ci chiediamo – e ci chiedono i nostri lettori – se quel giocatore potrebbe fare bene anche in Italia. Ora con l’arrivo al Palermo di Aleesami, che lei ha appena citato, avremo modo di vedere all’opera un norvegese in serie A: secondo lei farà bene o – considerato qualche lapsus difensivo di troppo già in Svezia – farà fatica ad ambientarsi e imporsi?

Aleesami è un giocatore molto forte atleticamente, un terzino sinistro dallo spunto molto offensivo che fa su e giù per il campo per novanta minuti, ma anche di mentalità è tosto. Il calcio italiano però, anche se è chiaro che fisicamente devi essere forte, è più tattico: lì devi essere sempre concentrato al 100%! Ti ricordi il gol dell’Italia contro la Norvegia nelle ultime qualificazioni europee? Ecco, Aleesami era sul secondo palo quando è arrivato il cross, lui si è “spento” per un minuto e l’Italia ha fatto gol. Sono proprio queste le cose che lui deve imparare a migliorare. Tuttavia di mentalità è forte, e pronto per le pressioni anche del calcio italiano. Lui, che è nato calcisticamente al Fredrikstad (serie B norvegese) prima di approdare al Göteborg dove ha fatto molto bene, è arrivato al professionismo più tardi del solito, non era uno di quelli che a sedici-diciassette anni sono i più bravi della loro categoria e quindi ha dovuto lavorare molto per arrivare dove è arrivato. Sarà interessante vedere come se la caverà. Al Palermo c’è anche Giancarlo González, che io avevo al Vålerenga, dove era arrivato dal Costa Rica: pure lui è caratterizzato da una forte mentalità, un difensore duro e concentratissimo – e i giocatori come lui fanno bene in Italia, possono gestire la tanta pressione che nella cultura italiana genera il calcio.

A proposito di pressione, quanta ce n’è nel calcio norvegese? Lei che lavora in Tippeligaen ma conosce bene anche altre realtà può dirci se in Norvegia è più facile allenare che altrove – penso proprio all’Italia dove spesso si è criticati selvaggiamente dopo due sole sconfitte.

Dipende in quale club sei! Se sei al Rosenborg, la pressione è enorme: guarda che lì puoi anche vincere il campionato ma, se lo vinci senza praticare un certo tipo di gioco, ti licenziano! Ma pure a Molde c’è pressione, e ugualmente al Vålerenga, che è la squadra di Oslo, e a Oslo si aspettano che la squadra sia lì a combattere per il campionato o almeno per il podio, per quanto negli ultimi anni abbia avuto molti problemi, anche a livello finanziario (ma ora le cose stanno cambiando, l’allenatore ingaggiato per il prossim’anno è una prima scelta come Ronny Deila, e sono sicuro che già in questo girone di ritorno la squadra farà bene). Il calcio professionistico norvegese è ancora giovane, non c’è da settant’anni come nei campionati più importanti d’Europa, quindi sta crescendo ogni anno, molti club lavorano bene col settore giovanile e stanno diventando di anno in anno sempre più professionali, ci sono giocatori giovani che vanno all’estero, guarda Martin Ødegaard al Real Madrid oppure Kristoffer Ajer che è andato adesso al Celtic: questo è un bene ma, è chiaro, dopo un po’ porta più pressione. Chiaramente non c’è la pressione se perdi due o tre partite però, come in ogni campionato, se ne perdi di più ti licenziano! Però in Italia comunque è peggio...

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Un’immagine dell’Haugesund Stadion (foto en.wikipedia.org)

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