giovedì 26 ottobre 2017

A quattr’occhi con Christophe Psyché, difensore del Sogndal: “Non pensate che per i giovani qui sia più semplice!”

Calcio Norvegese sbarca virtualmente a Sogndal, dove un Christophe Psyché in netta ripresa dall’infortunio al tendine d’Achille dello scorso 30 aprile, costato al difensore marsigliese (è un’informazione che a lui stesso preme sottolineare perché su Wikipedia la sua città natale è indicata erroneamente come Cannes) uno stop di ben sei mesi. È tra l’altro notizia di qualche giorno fa, confermataci dal giocatore in fase di intervista mentre ancora nulla era ufficiale, il suo rinnovo fino al 2018: un motivo in più quindi per conoscere la sua storia calcistica che lo ha visto crescere qui in Norvegia fino al raggiungimento dell’Eliteserien, un percorso che lo stesso Psyché definisce non così facile come si potrebbe pensare.

Foto da www.sogndalfotball.no



Parliamo di attualità, come va il tuo tendine d’Achille? Sei in ripresa e potremo vederti in campo alla fine della stagione? 

Va molto meglio, grazie. Mi sono ripreso, ormai sono aggregato alla squadra riserve, però sfortunatamente il loro campionato è appena terminato e ho potuto giocare solo una partita per ritrovare la gamba. Ora ci sono un paio di amichevoli in queste settimane, proverò a sfruttarle al massimo per tornare nelle ultime due giornate di campionato. 

Degli intervistati sino a ora dal nostro blog, sei l’unico che calcisticamente ha fatto tutta la gavetta in Norvegia: puoi raccontarci la tua storia?  

Avevo giocato a Cannes e poi a Berre, vicino Marsiglia, perché sono di lì. Precisamente a quei tempi ero in DHR (il settimo grado della scala calcistica francese) e un ex calciatore, Salif Diao (che ha giocato anche nel Liverpool), era in procinto di diventare procuratore: per avviare la propria professione, voleva iniziare dai giovani delle divisioni inferiori. Da lui è arrivata la proposta di partire per la Norvegia e io ho accettato. Ho iniziato dall’Oslo City, in quarta divisione, ma la squadra dopo un po’ iniziò ad avere problemi economici sicché dovetti trasferirmi al Løv-Ham (a Bergen), con cui ho esordito in seconda divisione. Anche questa squadra però era in balia delle difficoltà economiche (sarebbe fallita alla fine della Addecoligaen 2011) tanto che passai al Kristiansund: lì sono tornato in terza divisione ma ho vissuto la mia prima promozione sul campo. Da lì ho giocato per un po’ in “serie B”: dopo un anno all’Ham-Kam mi ha ingaggiato il Sogndal con il quale ho provato la gioia della mia prima promozione in Eliteserien.

Negli ultimi tempi sul movimento calcistico norvegese piovono molte critiche: come reputi il lavoro dei settori giovanili delle squadre di codesta nazione? 

Posso dirti che qui non è sicuramente come da noi in Francia, in Italia, in Spagna o Inghilterra. Non c’è quella gavetta dal settore giovanile alla prima squadra, è tutto più confuso! Non dico che non ci siano giocatori bravi e dotati di tecnica (anche se qui non si predilige quella, al limite può servirti per iniziare a giocare prima), però non segui quel processo di crescita che seguiresti altrove. Ecco perché, a mio parere, il movimento nazionale ha attratto così tante critiche.

Hai iniziato la tua carriera dall’Oslo City, una squadra non blasonata ma conosciuta per la multiculturalità dei suoi giocatori e per il suo particolare stile di gioco. Cosa puoi dirci? 

In realtà, se posso essere sincero, a livello calcistico l’esperienza ad Oslo non è stata granché. Ho conosciuto grandi persone, sono cresciuto personalmente e ho imparato ad adattarmi a tante cose – e quando arrivi dal sud della Francia non è affatto semplice – ma null’altro. Quindi sì, è stata un’esperienza formatrice dal punto di vista personale che mi ha fatto maturare, ma calcisticamente ho appreso molto più in altre squadre, come per esempio il Kristiansund.

Durante la doppietta contro lo Start dello scorso anno (foto da www.vg.no)



Puoi definire complicata la tua scalata all’Eliteserien? 

Di sicuro non posso dire che sia stata semplice, perché ci ho messo quattro anni per arrivarci. Ho dato il 100%, ho continuato a lavorare e le cose alla fine sono arrivate da sole. Ma chiaramente anche per imporsi qui ci vuole del tempo, non è scontato come si può pensare.

Hai giocato a Kristiansund nel 2011 e nel 2012: ti saresti aspettato di ritrovarli ora in Eliteserien? 

Non sono stupito per nulla. Io ero lì in un periodo in cui la squadra aveva poco meno di dieci anni e si trovava già a giocare in seconda divisione: qualcosa di eccezionale! L’obiettivo era di mantenere la divisione ma a livello di organizzazione e di struttura del club si vedeva che avrebbero messo nel mirino l’obiettivo grosso. Hanno avuto un po’ di sfortuna gli anni prima, nei playoff, ma poi sono riusciti nell’impresa di essere promossi in Eliteserien.



Foto da www.sogndalfotball.no


Difensivamente com’è dovuto cambiare il tuo stile di gioco? 

Non sono cambiato come giocatore per impormi qui in Norvegia, ma ho dovuto acquisire sicurezza per poter diventare un difensore di riferimento della mia squadra e per essere così sicuro dei miei mezzi. Alla fin fine, come in Francia, anche qui il fisico spesso prevale sulla tecnica, perlomeno dove mi trovo ora.

Descrivici la dimensione di una squadra come il Sogndal..     

Come dicevo, è una squadra che cerca di fare il suo raggiungendo la salvezza ogni anno. Si cercano molto i giocatori fisici, perché la divisione è competitiva e molto accesa, almeno dal punto di vista agonistico. Quando giochiamo in casa ci sono almeno tremila tifosi, non giochiamo in uno stadio deserto nonostante non stia parlando di grandi numeri. In realtà anche in trasferta, ovunque andiamo, ci sono sempre più o meno un centinaio di persone che vengono a seguirci, a seconda della distanza della trasferta. Fa sempre piacere.


Psyché contro il Valerenga lo scorso anno (oto da www.sogndalfotball.no)


In città come si vive?

È una realtà molto piccola, io sono qui per il calcio e mi concentro su quello per cui posso dirti che mi sento molto a mio agio qui, e che la mia famiglia viene a trovarmi quando può (così come io vado da lei appena possibile). Tanto è che sto parlando con la società per rinnovare il contratto (come già detto, qualche giorno dopo l’intervista il contratto è stato rinnovato, ndr). Non parlo ancora il norvegese ma ormai mi sono ambientato totalmente.


Foto da Wikipedia


La nostra classica domanda: consiglieresti la Norvegia ai nostri lettori? 

Assolutamente si, sono cose scritte e riscritte ma il tasso di disoccupazione è nullo: ho tanti amici francesi e africani che, venuti qui, non hanno avuto problemi nel trovare un lavoro. Non voglio dire che basta arrivare qui per lavorare dopo pochi giorni, ma con impegno e voglia di fare dopo qualche mese è facile trovare una sistemazione ottima a livello professionale.

Eccovi qui alcune skills del francese! (Video 1, analisi tattica - video 2, la sua doppietta allo Start il 22 Maggio 2016)



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