Dopo aver analizzato la situazione della squadra top
dell’anno, lo Strømsgodset, è giunto il momento di volgere gli occhi verso il “sud”
della classifica – ma verso il nord della Norvegia – per vedere cosa è successo
nella squadra più delusa del 2013, il Tromsø fresco di retrocessione.
Il Tromsø ha disputato per la prima volta un
campionato in Tippeligaen – che all’epoca non si chiamava ancora così – nel 1986
e da allora, a parte un isolato anno in Adeccoligaen nel 2002, non ha più
abbandonato la massima divisione. Ha vinto la Coppa di Norvegia proprio nel
1986 ed anche dieci anni più tardi, e negli ultimi anni (dopo una fase d’oro a
fine anni ‘80-inizio anni ‘90, quando arrivò terzo nell’89 e secondo nel ’90)
ha dato il meglio di sé, con il terzo posto nel 2008 e 2010, il secondo nel
2009 e il quarto nel 2012, anno in cui ha perso la Coppa di Norvegia nell’ormai
famosa finale contro l’Hødd. Dall’86 ad oggi, ha partecipato a due Coppe delle
Coppe, un Intertoto, una Royal League (il torneo panscandinavo giocato attorno
al 2000) e a cinque tra Coppe Uefa ed Europa League (di cui tre negli ultimi
quattro anni: a quella di quest’anno, seppur grazie ad un ripescaggio, sta
ancora partecipando e deve finire la fase a gironi, dalla quale però è già
eliminata). Insomma, non stiamo parlando né di una squadra di secondo livello
nel panorama norvegese, né di un team che negli ultimi anni stava facendo male,
ma che era ormai solito trovarsi nelle parti alte della classifica e che
iniziava a coltivare in modo sempre meno nascosto ambizioni da scudetto. Quest’anno
invece è arrivata la doccia fredda della retrocessione.
Il calcio, si sa, è strano, e lo è anche in
Norvegia, citofonare per informazioni a Solskjær che, con il suo Molde campione
in carica è quasi riuscito a fine anno a raddrizzare le cose, ma che a inizio
stagione ha avuto un avvio così traumatico da relegare la squadra per lunghe
settimane all’ultimo posto in classifico. Più sereno, anche se non particolarmente
brillante, è stato l’avvio del Tromsø, e qua forse c’è stato il primo problema
della stagione: se il Molde si è trovato subito in crisi ed è stato costretto
sin dall’inizio a risolvere la situazione, il Tromsø è partito sì piano ma non
in modo così allarmante da obbligare dirigenza e staff tecnico a dare una
sterzata con un forte intervento di rafforzamento. Anzi, mentre la squadra
continuava a vivacchiare nella seconda metà della classifica, a metà stagione
si è pure ben pensato di cedere i “gioielli” di squadra di fronte alle lusinghe
dei club stranieri che lo richiedevano: due pezzi pregiati come Ruben Yttergård
Jensen e Saliou Ciss, la cui assenza negli ultimi mesi di Tippeligaen si è fatta
sentire eccome, sono stati ceduti pure a cuore abbastanza leggero. Ed è stato
un suicidio.
Non l’unico suicidio di stagione, comunque. La “ricetta
vincente” del Tromsø, che in questi anni aveva consentito alla squadra di
crescere esponenzialmente, non è stata toccata; a cambiare, e in peggio, sono
stati però gli “ingredienti”. Il Tromsø da anni punta essenzialmente su tre
componenti: 1) i giovani provenienti da un vivaio ricchissimo e assai
interessante; 2) qualche acquisto “esotico” dal basso costo ma dall’alto rendimento;
3) l’innesto di qualche “veterano” di esperienza, meglio ancora se un “cavallo
di ritorno” partito da giovane da Tromsø e rientrato a “casa” a fine carriera,
a puntellare la squadra. Alla base di questo circolo virtuoso c’è proprio la
cessione dei migliori giocatori cresciuti nel vivaio, che arrivano nel Tromsø a
costo zero e da qui partono in cambio di valigette piene di soldi.
Come dicevamo, il circolo è virtuoso e ha fatto la
fortuna del Tromsø ma ha anche portato benefici all’intero movimento calcistico
norvegese. Senza stare a guardare ai big del passato (ma uno citiamolo, cioè
Sigurd Rushfeldt, un vero e proprio eroe locale, l’uomo che ha segnato più gol
di tutti nella storia della Tippeligaen e che oggi, quasi a furor di popolo, fa
parte dello staff tecnico della squadra), dal vivaio del Tromsø sono passati
molti giocatori che oggi giocano in club importanti, anche all’estero, e fanno
parte della nazionale. Nelle ultime convocazioni di Høgmo, ct della Norvegia
(ah già, anche lui è di Tromsø ed ha allenato di recente il Tromsø), troviamo Tore
Reginiussen, Morten Gamst Pedersen, Tom Høgli ed il già citato Ruben Yttergård
Jensen: tutti hanno fatto parte in passato del Tromsø (e tutti sono nati nel
nord della Norvegia, oltre a Jensen che a Tromsø è anche nato: il Tromsø è la
squadra che più di ogni altra è in grado di attrarre a sé tutti i giovani
talenti che nascono a nord del Circolo Polare Artico).
Il meccanismo si è inceppato qui, non a livello di
metodo ma a livello di applicazione pratica. Partito Per-Mathias Høgmo, così
lanciato da essere chiamato pochi mesi dopo perfino in nazionale, il Tromsø in
panchina ha scelto la linea della continuità promuovendo ad head coach colui
che sotto Høgmo era allenatore in seconda, ossia Agnar Christensen: col senno
di poi, la mossa non ha pagato, e la squadra è calata molto rispetto all’anno
scorso. Steinar Nilsen, un altro ragazzo del nord dalla carriera internazionale
(con un passato da giocatore anche in Italia), è stato chiamato ad allenare la
squadra troppo tardi, quando evidentemente non c’era più tempo di rimediare. E,
come detto, la rosa è stata indebolita. Al di là delle sanguinose cessioni (ci
mettiamo anche la frettolosa scelta di lasciare andare Alexandar Prijovic, che
non era niente di che ma che poteva dare una mano), gli innesti non sono stati
all’altezza, anzi si è trattato per lo più di riserve (come il diciannovenne
Hamza Zakari, ghanese di ottima prospettiva ma che deve ancora crescere, o il
tedesco giramondo Hendrik Helmke, con un passato pure in Malesia, ragazzo
interessante ma che per ora non è riuscito a incidere più di tanto). Il resto
della rosa non è tutto da buttare via, per carità, il veterano Mika Koppinen è
sempre presente, Zdenek Ondrasek ha fatto peggio dell’anno passato (quando fu
capocannoniere) ma è un ottimo giocatore, è piaciuto molto il ventunenne
gallese Josh Pritchard che però era in prestito e andrà via a fine anno, i
giovani “di casa” come Thomas Drage, Remi Johansen e Thomas Kind Bendiksen
crescono bene. Però è mancato un vero trascinatore, l’uomo in grado di
prendersi la squadra sulle spalle nei momenti difficili. Anzi, nei momenti
difficili della stagione, il Tromsø è grossomodo sempre colato a picco. E se il
ruolo di leader doveva essere di colui che ha occupato la casella “veterano”,
il gioco quest’anno non ha funzionato granché, con Morten Moldskred che ha
fatto bene ma che certo non si è rivelato all’altezza di Rushfeldt, che era in
grado di trascinare la squadra anche a trentacinque anni.
È andata così, alla fine: e adesso? Adesso ci sono
delusione e smarrimento. Ma c’è anche tanta voglia di ripartire. Tromsø se ne
sta lassù in alto, nel profondo nord della Norvegia, una sorta di miraggio
artico in mezzo ai ghiacci, una piccola “città invisibile” alla Calvino che
spunta dal freddo e accoglie col calore e la vitalità di una grande città (con
i suoi settantamila abitanti, è praticamente una metropoli, se pensiamo che
siamo in una zona geografica in cui un villaggio con cento abitanti ha senz’altro
lo status di “città”!) Oltretutto, isola in mezzo ad un fiordo orlato di
montagne dove d’estate arde per ventiquattro ore al giorno il sole polare e di
inverno la notte polare si accende di aurore boreali, siamo anche in un posto
particolarmente bello. Difficile che chi passi di qui non si affezioni. Il
Tromsø in quanto società sportiva, anche col suo modus operandi molto legato al
vivaio ed alla continuità di identità di squadra, punta molto anche su questo,
ossia sull’attaccamento ai colori della squadra che “contagia” i giocatori che
indossano questa maglia. Non sempre funziona, ma spesso sì: già il giorno dopo
la retrocessione sono arrivate le prime dichiarazioni dei giocatori – ed anche
dell’allenatore – che si sono detti disponibili a restare per riportare subito
la squadra in Tippeligaen. Qualcuno andrà via per forza, ma altri resteranno. A
quel che si sa, inoltre, le casse sociali dovrebbero essere abbastanza ben
fornite: la cessione dei giocatori più forti, ma anche i soldi piovuti dall’Uefa
e dai diritti tv in virtù della partecipazione all’Europa League, dovrebbe aver
portato ulteriore stabilità finanziaria ad un club che, almeno sulla carta, non
dovrebbe aver problemi a programmare una stagione in Tippeligaen (anche se poi
ne ha avuti) e che, a maggior ragione, non dovrebbe averne ad affrontare l’Adeccoligaen.
L’iceberg Tromsø, a quanto si dice, non si inabisserà tanto facilmente: forse
ne risentiremo parlare presto.
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L’iceberg Tromsø, a quanto si dice, non si inabisserà tanto facilmente: forse ne risentiremo parlare presto.
RispondiEliminaL'auspicio della tua ultima frase spero vivamente che sia realtà. Gli introiti di vendite e stadio ben popolato, e ancora di più diritti tv (vedi gara con i turchi venduta a peso d'oro per quelle latitudini) dovrebbero (almeno sulla carta) garantire una buona campagna acquisti che permetta di risalire subito...E' presto ovviamente per parlarne, ma è il mio augurio a questa splendida società/città.
Peccato per questa stagione sciagurata, faccio i miei migliori auguri di un presto ritorno in tippenligaen.
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